Al mondo della birra artigianale non frega nulla del buon cibo

Al mondo della birra artigianale non frega nulla del buon cibo

Qualche tempo fa un amico appassionato di birra artigianale mi chiese: “Mi dici un locale a Roma dove si mangia veramente bene, con una buona proposta di birra artigianale, che non sia un pub?” 

Da anni mi occupo di scandagliare la ristorazione capitolina e dispenso volentieri consigli gastronomici di ogni tipo, ma paradossalmente, proprio questa richiesta, mi ha messo in seria difficoltà. 

Ai ristoranti non frega nulla della birra artigianale

Ho pensato a Sbanco, ma è una pizzeria. A Mogano, il ristorante gourmet di Ritual Lab, ma è a Formello. Si beve qualcosa di buono da Barred e poi? Buio totale. E parliamo di Roma, il mercato più grande per la birra di qualità. La causa? Principalmente ai ristoranti non fa gioco puntare sulla birra in termini di ricarichi: molto meglio il vino, su cui fai un bel 400% su qualunque bottiglia, che quasi sempre è più costosa rispetto a una 0.75 cl di birra. Nell’alta ristorazione poi, trovare sommelier edotti in materia brassicola è un’utopia (Sintesi ad Ariccia è una felice eccezione). A spezzare il monopolio del vino, su tavole di un certo livello, sono solitamente i cocktail, al massimo i kombucha e perfino i succhi fermentati, ma di luppoli e malti neanche l’ombra.

Al mondo della birra artigianale non frega nulla del buon cibo

Di contro è anche vero che, come direbbe il Furio di verdoniana memoria, “la cosa è reciproca”! E questo è l’aspetto, a mio avviso, più allarmante. Se per soddisfare la richiesta citata all’inizio, volessimo includere i locali a trazione birraria, la situazione non cambierebbe molto. A parte pochissimi casi (da contare sulle dita di una sola mano), nei pub di Roma non ci vai “per mangiare”. Al massimo butti giù qualcosa senza avvelenarti, tanto per accompagnare qualche pinta. Roba da pub, appunto, fatta con attenzione limitata agli ingredienti, da cuochi poco ispirati. E allora diciamolo apertamente: se il matrimonio tra ristorazione e birra di qualità non si riesce a celebrare, se non si esce dai soliti giri o al massimo da quello di poche pizzerie illuminate, la colpa è anche e forse soprattutto del comparto della birra artigianale a cui non frega nulla del buon cibo.

I cugini del vino naturale

Nel frattempo in altre galassie non lontane, ci dimostrano che accompagnare degnamente un buon calice non solo è possibile, ma addirittura inevitabile. Posso affermarlo con cognizione di causa: non ho mai mangiato male in un locale vocato ai vini naturali. Pensate che quando sono lontano da casa, uso l’app Raisin per cercare wine bar o ristoranti con una carta di sole etichette naturali, perché so che lì, puntualmente, mangerò bene. D’altronde, tornando a Roma, non è un caso che le nuove aperture più interessanti siano proprio delle enoteche di questo genere: da Ruvido o Ciaparat, passando per Bar Bozza, che per fortuna ora ha anche le birre. Format semplici, in cui spesso non hanno neanche i fornelli, eppure, ti servono cose capaci di deliziare il palato.

E nel resto d’Europa?

In alternativa si potrebbe prendere esempio da quanto accade fuori confine, dove la situazione è di gran lunga migliore. Nei giorni scorsi sono stato in uno dei migliori bistrot gastronomici d’Irlanda: il Goldie di Cork. È di proprietà di un gruppo che ha anche un brewpub di fronte; ho pasteggiato amabilmente con le loro birre a km zero, al bancone con vista su cucina. Ma volendo potremmo parlare pure di quanto in generale sia piacevole per un appassionato di birra cenare in un posto qualsiasi a Copenaghen. Oppure prendere atto del clamoroso salto di qualità compiuto dalle cucine dei gastropub britannici, sia nelle città che nel “countryside”. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *