Capodanno come in Giappone ma restando a Roma

Capodanno come in Giappone ma restando a Roma

Da Nakai, ristorante orientale in zona San Pietro, la cena del 31 dicembre è l’occasione per celebrare il Capodanno come in Giappone ma restando a Roma.

Osechi Ryōri

La sera del 31 dicembre, tradizionalmente le donne giapponesi preparavano delle pietanze da consumare nell’arco della prima settimana dell’anno nuovo. Sette portate realizzate con sette ingredienti benauguranti: un rito propiziatorio ma anche un modo per organizzare il lavoro domestico in anticipo e concedersi finalmente un po’ di riposo. Con il termine Osechi Ryōri (letteralmente: pasto di una stagione importante) vengono indicati i cibi tradizionali giapponesi tipici del capodanno, conservati e serviti nei Jūbako, eleganti scatole laccate nere che possono essere impilate.

Il rito dell’Osechi Ryōri da Nakai

A riproporre il rito dell’Osechi Ryōri a Roma ci pensa Koji Nakai, chef giapponese ma romano di adozione, che nel suo ristorante, per il cenone del 31 dicembre, ha previsto un menu di sette portate con altrettanti ingredienti porta fortuna. Il gambero, con la sua forma arricciata ricorda il simbolo dell’infinito, è simbolo di longevità. Le uova di pesce sono invece auspicio di fecondità. I fagioli, come per noi le lenticchie, portano ricchezza. Le pregiati carni della ricciola rappresentano il successo. Il kumquat è invece foriero di fortuna. Il baccalà che una volta bagnato raddoppia il suo peso è una metafora dell’abbondanza. Infine il granchio, che con le sue chele sblocca le energie positive.

Il ristorante Nakai a Roma

Di recente apertura, Nakai sorge a pochi metri dalla cupola di San Pietro. L’atmosfera ricorda quella di un giardino giapponese, con arredi essenziali in legno naturale, toni écru, piante e bancone della cucina a vista. Lo chef, Koji Nakai, è nativo di Kobe e ha iniziato a formarsi, sin da piccolo, nella locanda dei nonni a Kyoto. Abbandonati gli studi di giurisprudenza, Koji si è trasferito a Pisa e poi a Udine, infine nella Capitale, dove ha incontrato i soci Cristina Longobucco e Luca Salari, esperto di sala e appassionato di sakè e vini naturali. L’approccio dello chef Nakai è tipicamente nipponico, ma la proposta del suo ristorante risente inevitabilmente della gastronomia romana: in carta non mancano infatti piatti che armonizzano le due culture.

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