5 cibi giapponesi che non sanno di un…bel niente!

5 cibi giapponesi che non sanno di un…bel niente!

La cucina giapponese è una delle più apprezzate al mondo. Ma oltre a materie prime eccezionali e prodotti gustosi ci sono alcune specialità poco saporite. Ecco 5 cibi giapponesi che non sanno di un…bel niente.

Durante il mio viaggio nel paese del Sol Levante ho visitato città, villaggi e attrazioni naturalistiche. Ma tra un santuario shintoista e una foresta di bambù mi sono dovuto pur nutrire. E allora, quale occasione migliore per provare l’autentica cucina nipponica?

Di recente ho avuto modo di provare a Roma il primo ristorante Kaiseki. Ma in vacanza ho messo da parte le velleità da gourmand e ho preferito girare tra i mercati, mi sono seduto nelle izakaya più veraci e fatto tappa, ad ogni ora del giorno, per assaggiare street food di tutti i tipi. La cosa più buona che ho mangiato? In generale la carne di manzo, in particolare direi uno spiedino di tendini, comprato da un furgoncino con griglia, tatticamente posizionato davanti al birrificio Kyoto Brewing Co., durante l’unica serata di apertura settimanale della tap room.

Di contro, sono diverse le specialità che mi hanno lasciato perplesso, per via di sapori che, eufemisticamente, definirei troppo delicati.

Onigiri

Sono quei triangolini di riso ben compatto, con un pezzo di alga nori, utile più che altro per tenerli in mano. All’interno ci può essere di tutto, ma più comunemente sono ripieni di salmone o tonno. Vengono venduti ovunque, anche negli onnipresenti distributori automatici, ma potete anche farli a casa. Volendo azzardare un paragone, la funzione che svolgono è quella del nostro tramezzino: sono pratici e utili a placare la fame, ma nessuna persona di buon appetito pranzerebbe con un coso del genere. Anche perché il rapporto tra quantità di riso e farcitura, spesso, è sbilanciato a favore del primo. Insomma, a parte quando becchi il ripieno, per il resto mangi una polpetta di riso in bianco.

Mochi

L’impasto, se così si può definire, è a base di riso glutinoso, trasformato in una pasta morbida e appiccicosa che viene porzionata in sfere o cubetti. Il sapore? Quasi nullo. Per fortuna, in genere, vengono farciti con frutta o confetture, con risultati sono più o meno entusiasmanti. Il problema, più che altro, è che li considerano dei dolci…

Naruto

Non posso ritenermi un fan accanito del ramen, ma so distinguere se è stato preparato “con tutti i crismi” o in maniera sbrigativa. Al di là della buona riuscita, c’è un ingrediente che non passa certo inosservato: il Naruto o Kamaboko. Si tratta di surimi dai contorni di una nuvola, con una spirale rosa al centro. Il nome è un riferimento al vortice causato dalle maree che si manifesta nello stretto di Naruto. Col tempo impari a considerarlo per quello che è: poco più di una guarnizione. Ma le prime volte lo vedi galleggiare lì nella ciotola e pensi: questo me lo tengo come ultimo boccone, deve essere prelibato. Poi lo mangi e nella tua vita niente ha più un senso.

Tofu

Parlare male del tofu è fin troppo facile. Alimento a base di soia che ricorda nell’aspetto (solo nell’aspetto) un formaggio fresco. Dalle nostre parti è usato, prevalentemente in ricette vegane o vegetariane, come alternativa proteica. Provato varie volte, con grande insoddisfazione, mi aspettavo di trovare qualcosa di più saporito laddove è consumato tradizionalmente in generose quantità. Ebbene, nonostante lo mettano quasi ovunque, mischiato con altri ingredienti e condimenti, il tofu resta per me un grande mistero. La domanda è una sola: perché un essere umano onnivoro dovrebbe mangiarlo?

Konnyaku

E veniamo al primo posto di questa speciale classifica dei 5 cibi giapponesi che non sanno di un…bel niente. A differenza degli altri sopra citati questo non lo avevo mai provato. Quando mi è capitato nel piatto non sapevo cosa fosse. Non riuscivo a intuire nemmeno la sua natura. Vegetale? Animale? Aliena? Un blob puntinato dalla consistenza indefinita. Il sapore? Il nulla cosmico. Si chiama Konnyaku e, come il tofu, lo buttano un po’ dappertutto. Questa sorta di gelatina è ricavata dalla radice di una pianta, il Konjak, con cui si possono produrre anche degli spaghetti trasparenti chiamati Shiratake. C’è però una buona notizia: i derivati del Konjak hanno un apporto calorico direttamente proporzionale all’intensità del sapore: zero.

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